Lode al «Pizzutello», l'uva dei Papi diventata Slow Food
Diffusa da secoli, il Pizzutello, una varietà d'uva pregiata tipica di Tivoli, è appena diventata un presidio Slow Food
I locali, specialmente i più anziani, preferiscono chiamarla «uva corna». Sarà per la forma dei suoi acini, allungati e leggermente ricurvi. Inconfondibili, come la buccia croccante e sottilissima, color verde pallido e polpa dolce e succosa. A Tivoli, la città millenaria alle porte di Roma, con le meravigliose Villa d’Este e Villa Adriana, e in generale nel Tiburtino, l’«uva corna» o Pizzutello è un dogma, una professione di gusto e di fede. Risalendo ancora la corrente del tempo, era amato dai pittori e poeti di passaggio per il Grand Tour e offerto in dono a pontefici come Leone XIII e Pio X.
Tutti loro sarebbero felici di sapere che questa speciale uva da tavola è stata elevata da poco al rango di Presidio Slow Food. Tornando all’altroieri: una sua fattispecie verosimile veniva evocata persino nel primo secolo dopo Cristo, grazie alle pagine della Naturalis Historia dello scrittore latino Plinio il Vecchio. Ma c’è chi sostiene che questa varietà sia arrivata molto dopo, nel 1500, e dalla Francia, e a importarla sarebbe stato nientemeno che il cardinale Ippolito d’Este nel mentre costruiva la sua faraonica dimora, la già citata e omonima villa. Di certo, nel suo orto era coltivata la vite di Pizzutello, bello a vedersi, ottimo da spiluccare. E proprio lì, alle spalle del sito oggi patrimonio Unesco, corre la Strada degli Orti, con parecchi appezzamenti consacrati a questa cornucopia intrisa di passato e proiettata nel futuro.
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